Fenomeno straordinario o fenomeno astronomico? Fatto miracoloso, preambolo a un altro evento ancora più miracoloso, o semplice coincidenza con la normale apparizione di una cometa o del verificarsi di una congiunzione astrale? Stiamo parlando della Stella Cometa di Betlemme.
Tra tutti e quattro gli evangelisti, chi ne parlò fu solo Matteo, l’ex pubblicano divenuto uno dei dodici apostoli di Gesù. Nel capitolo II, versetti 1-11, egli narra che i Magi, giunti a Gerusalemme, s’informarono in giro per sapere dov’era nato il re dei Giudei, dato che avevano visto sorgere la sua stella.
Re Erode si preoccupò moltissimo, consultò sommi sacerdoti e scribi, poi, una volta saputo che le Scritture indicavano in Betlemme il luogo in cui era profetizzato che nascesse il Messia, chiamò segretamente i Magi e si fece dire il tempo in cui era apparsa la stella.
Erode li inviò a Betlemme e i Magi vi si diressero. Ed ecco che essi scorsero di nuovo la stella, sempre la stessa che avevano visto sorgere fin dall’inizio, che li guidò e li precedette finché non si fermò sul luogo dove era nato il Bambino.
Della stella di Betlemme non si parla più nei testi sacri. Ma se n’è parlato, e se ne argomenta tuttora enormemente, girando in fondo sempre attorno a quelle quattro frasi. Sembra incredibile, ma se n’è interessata una folla di astronomi, astrologhi maghi, teologi, ufologi, semplici studiosi.
Cominciò il tedesco Johannes Kepler ( 1571-1630 ), uno dei fondatori dell’astronomia moderna, che, dopo aver osservato, nel 1604, contemporaneamente a Galileo Galilei ( 1564-1642 ), l’esplosione di una Supernova, il cui bagliore raggiunge una luminosità fino a cento milioni di volte più intensa di quella del Sole, dedusse che pari doveva essere stato il fenomeno celeste visto dai Magi: lo stesso che, poi, li aveva guidati fino a Betlemme, dato che l’accesissimo bagliore, visibile anche a occhio nudo, perdura da poche settimane a diversi mesi, a seconda della distanza siderale del fenomeno.
L’astronomo tedesco fece un semplice ragionamento: per un avvenimento universale, tanto eccezionale da essere unico, come la nascita di Gesù, era scontato che da Lassù si pensasse a un segnale divino la cui portata rappresentasse degnamente il fulgore dell’evento.
A questa teoria, di vago sapore devozionale, aggiunse una causa astronomica per spiegare scientificamente la fonte della lucentezza della stella: la congiunzione tra i pianeti Giove e Saturno nei Pesci.
Calcolò la frequenza di queste congiunzioni e risalì nel tempo, arrivando a concludere che tale configurazione si era verificata anche nel 7 a.C.
Quindi la stella che aveva guidato i Magi non sarebbe stato altro che la particolare luminiscenza derivata da un allineamento dei due pianeti.
Andiamo avanti.
Per un po’ di tempo ebbe largo credito anche la cosiddetta Cometa di Halley, dal nome dell’astronomo inglese Edmund Halley ( 1656-1742 ), che la scoprì. Ma quando si giunse a perfezionare i calcoli in merito alla sua orbita, si scoprì che essa si completava ogni settantasei anni circa; andando a ritroso nel tempo, si arrivò a determinare che la lunga cometa era passata nel cielo della Giudea nel 12 a.C., quindi cinque o sei anni prima della nascita di Gesù, che, come ormai è risaputo, va collocata tra il 7 e il 6 a.C. ( ci si tornerà fra breve ), e la teoria svanì.
Purtroppo la voglia di dare una spiegazione scientifica a tutti i costi continua a coinvolgere, ancor oggi, molti astronomi e studiosi, che dedicano anni di ricerche per dare e avallare la loro spiegazione accademica.
Già solo recentemente, due astronomi americani, Michael R. Molnar e Mark Kidger, hanno pubblicato entrambi un volume intitolato La stella di Betlemme.
Il primo, ricollegandosi alla teoria dell’allineamento dei pianeti di Kepler, è riuscito a valutare insieme riferimenti storici e nuovi calcoli astronomici, arrivando alla conclusione che nella stella di Betlemme va identificato il fenomeno susseguente al parziale oscuramento di Giove da parte della Luna, verificatosi nel 7 a.C., anzi è in grado di fornire anche il giorno esatto: il 17 aprile, data che coinciderebbe, pertanto, secondo l’Autore, con la nascita di Cristo.
Il secondo, invece, Mark Kidger, propende per l’ipotesi dell’apparizione di una stella nova verificatosi il 5 a.C., e arriva a questa determinazione affidandosi anche a vecchie mappe celesti babilonesi, cinesi e coreane.
L’apparizione di questo nuovo astro luminoso sarebbe da associare alla nascita di Gesù e alla successiva funzione-pilota nei confronti dei Magi.
Ma ci sono anche astronomi, come gli statunitensi Sherman Kanagy e Carl Wenning, che scartano qualsiasi soluzione affidata alla scienza e dichiarano apertamente che, secondo loro, la stella di Betlemme rientra nella categoria delle manifestazioni e dei messaggi divini, né più né meno di come la pensa Matteo, il quale lascia intendere chiaramente che si tratta di un astro miracoloso, attorno al quale è inutile cercare una spiegazione naturale, perché l’unica valida e possibile è solo quella religiosa.
Non poteva mancare la versione extraterrestre, asserita dal giornalista, e appassionato ufologo, spagnolo Juan José Benitez, il quale, nel suo libro L’Ufo di Betlemme , sostiene che la stella non poteva essere altro che un Ufo ( oggetto volante non identificato ) e specificatamente, per deduzione, una nave spaziale guidata da angeli astronauti, che avrebbero avuto il compito di guidare i Magi prima singolarmente e poi tutti insieme verso Betlemme.
L’idea dell’angelo non è affatto da scartare, tutto il resto sì, a partire dal fumettistico fatto che un angelo possa stare ai comandi di un’astronave: per quel che ne sappiamo, gli angeli si spostano nell’infinito sicuramente senza aver bisogno di astronavi, essendo puro spirito, e anche se nessuno ha ancora potuto stabilire a che velocità siano in grado di viaggiare nello spazio, possiamo dare per certo che essi si spostino più fulmineamente di un’astronave, esenti quindi anche da rischi di avarie e con la certezza di tirare dritti al bersaglio.
Però l’identificazione stella-angelo trova una sostanziosa attendibilità, una fattispecie di conferma, nell’evangelista Luca, capitolo II, versetti 8-10, allorché narra i particolari della nascita di Gesù. Riportiamo il testo che interessa: C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro...
E’ fin troppo evidente che l’angelo proiettò sui pastori la propria luce e questa era tanto intensa da abbagliarli e spaventarli. Trovandosi già nella regione,ai pastori fu sufficiente l’annuncio della gioiosa notizia della nascita del Salvatore per raggiungere la vicina Betlemme.
Ai Magi, invece, serviva una guida costante e paziente, che tenesse conto della modesta velocità dei cammelli e della lunghezza del viaggio da affrontare.
E allora diamo una trama dialettica a questi fenomeni dal sapore trascendentale e dall’immaginario divino, perché i fatti sovrannaturali hanno bisogno di una logica stringente per essere credibili e accettabili.
Nasce Gesù. Ai Magi tocca lo scoperto simbolismo di rappresentare tutto il genere umano nelle tre razze allora conosciute, la bianca, la nera, la gialla; appare un angelo di luce che spiega loro, come ai pastori, quale evento straordinario si sia verificato e perché debbano esservi testimoni rappresentativi. I Magi giunsero da Oriente, dice Matteo ( 2,1 ), ma probabilmente solo per quanto riguardava l’ultimo tratto percorso insieme. In effetti, venivano da tre punti differenti e distanti.
A ciascuno di loro fece da guida un angelo diverso fino a che si incontrarono e da allora proseguirono congiuntamente, unificando le loro carovane e seguendo un’unica stella, che li precedeva, come la colonna di fuoco che guidava di notte Mosé e i figli d’Israele nell’Esodo dalla terra d’Egitto ( Es 13, 21-22 ).
I Magi, che erano dei saggi e dei sapienti, dediti all’astrologia, alla magia, all’astronomia e a quelle pratiche esoteriche che oggi racchiudiamo sotto l’unico nome di divinazione, non si sarebbero mai mossi alla ventura se qualcuno non avesse loro rivelato e spiegato il perché valesse la pena di affrontare un viaggio così lungo, faticoso e pericoloso.
A Maria fu un angelo ad annunciare la volontà di Dio; ai pastori fu uno sfolgorante angelo a dare la lieta novella della nascita del Salvatore.
I Magi ascoltarono e seguirono questi messaggeri divini, luminosi come una stella, e giunsero a Betlemme quando Gesù aveva già due anni, perché tanto fu il tempo che impiegarono per completare tutto il tragitto attraverso regioni impervie e desertiche.
Da che cosa si ricava questa cifra dei due anni? Dallo stesso vangelo di Matteo.
Erode il Grande si fece dire dai Magi quanto tempo prima era loro apparsa la stella ( Mt 2,7 ), dopodiché dette l’ordine di uccidere tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù (Mt 2,16 ): il che può solo significare che i Magi avevano riferito a Erode che la stella era loro apparsa due anni prima.
Che poi nei Presepi le statuine dei Magi, divenuti nella tradizione cristiana sovrani orientali nel numero di tre in base ai doni che essi portarono al Bambino, vengano aggiunte dodici giorni dopo il Natale è una licenza poetica che deve essere concessa alla fantasia mistica dei bambini e degli adulti.
Quanto all’anno di nascita di Gesù, il Nuovo Testamento ci offre quattro elementi su cui misurarsi per individuarlo: il primo, quello già trattato, riguarda la strage degli innocenti ordinata da Erode ( Mt 2,16 ); il secondo si riferisce al censimento indetto da Cesare Augusto, quando governatore della Siria era Quirinio ( Lc 2, 1-2 ); il terzo concerne la data in cui Giovanni il Battista iniziò a predicare, ossia nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare ( Lc 3,1 ); il quarto esplicita l’età di Gesù il Cristo, quando questi iniziò il suo ministero, ossia circa trent’anni (Lc 3,23 ).
Prima di esaminarli singolarmente, è bene anteporre le conseguenze derivate dall’errato calcolo che compì il monaco Dionigi il Piccolo nell’introdurre la nuova datazione dell’era detta cristiana, o anche volgare, prendendo come punto di partenza, ovviamente, la nascita di Cristo.
Un errore di pochi anni, che non è stato più possibile rettificare e di cui subiremo le conseguenze anche in futuro.
Accadde che Dionigi il Piccolo, detto anche l’Esiguo, nato nella Scizia (l’attuale Russia meridionale ) verso il 450 e morto a Roma nel 526, nel computare gli anni della nuova era calcolò in senso stretto la cifra di circa trent’anni indicata da Luca, e considerò, quindi, solo ventinove quelli che Gesù aveva effettivamente compiuto nell’anno 782 di Roma, che corrispondeva al quindicesimo del regno di Tiberio; sottrasse 29 da 782 arrivando così al 25 dicembre dell’anno 753 dalla fondazione di Roma quale data di nascita di Gesù Cristo e inizio della nostra era. Giovanni il Battista, nato sei mesi prima di Gesù, quindi suo coetaneo ( forse anche suo parente ), iniziò a predicare proprio nell’anno decimoquinto di Tiberio, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, secondo quanto riporta Luca (3,1).
Il più importante tra gli elementi su indicati al fine di determinare l’anno più probabile in cui far cadere la nascita di Gesù è quello della strage degli innocenti ( Mt 2,16 ).
Erode il Grande morì verso la fine del 4 a.C., ma non si sa se morì subito dopo aver ordinato l’uccisione dei bambini dai due anni in giù su tutto il territorio del suo regno, oppure se era trascorso già qualche mese.
Se la morte fosse sopraggiunta subito dopo, forse sarebbe stata vista come una punizione divina e nelle cronache se ne sarebbe fatta menzione sotto questa luce; è più presumibile che fosse trascorso del tempo tra i due avvenimenti, tutt’al più, comunque, un anno, per cui, per datare la nascita di Gesù, si può oscillare tra il 6 a.C. e il 7 a.C., con una più forte propensione per quest’ultimo, dato che Matteo ci dice che Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode ( Mt 2, 14-15 ): il che vuol dire che si fermarono qualche tempo in esilio prima di decidere di tornare in Giudea, dove però non si diresse per paura del nuovo re, Archelao ( 23 a.C.-18 d.C. ), figlio di Erode, sicché scelse di andare ad abitare a Nazareth, nella Galilea.
Sul censimento indetto da Cesare Augusto ( Lc 2,1-2 ), c’è una divergenza tra quanto afferma Luca e quanto riportato dallo scrittore ebreo-romano Flavio Giuseppe ( 37-103 d.C. ): difatti, l’evangelista parla di primo censimento allorché governatore della Siria era Publio Sulpicio Quirinio ( ?-21 d.C. ), ma il secondo colloca il censimento nel 6 d.C., e dal punto di vista dell’attendibilità storica è senz’altro più credibile Flavio Giuseppe.
Il censimento cui fa riferimento Luca dovrebbe essere invece quello avvenuto tra l’8 e il 6 a.C., allorché Quirinio aveva ricevuto da Augusto l’incarico speciale di dirigere, in Palestina, la guerra contro gli Omonadensi, ma non era legato imperiale (governatore ) in Siria, incarico che cominciò a rivestire appunto nel 6 d.C.
L’evangelista, pertanto, pecca senz’altro di approssimazione e di confusione dei dati, in un modo che non è molto rilevante sotto il profilo religioso, ma sufficiente per perdere di affidabilità nel determinare il tempo preciso del viaggio di Giuseppe e Maria a Betlemme e la subitanea nascita di Gesù ( Lc 2, 1-7 ).
Claudio Nerone Tiberio ( 42 a.C.-37 d.C. ) era stato adottato da Augusto e alla morte di questi, nel 14 d.C., divenne imperatore. Ponzio Pilato ( ?-39 d.C. ), divenne procuratore della giudea nel 26 d.C. e mantenne tale carica fino al 36, allorché venne sospeso e inviato al tribunale di Tiberio.
Tiberio successe ad Augusto ufficialmente il 19 agosto del 14, sicché l’anno decimoquinto del suo impero va dal 19 agosto del 28 al 19 agosto del 29.
A questo punto si può dedurre facilmente che nell’anno decimoquinto di Tiberio, Giovanni il Battista e Gesù avessero tra i trentacinque e i trentasei anni, ma, poco più avanti, stesso capitolo terzo, versetto 23, Luca dice Quando Gesù cominciò il suo ministero aveva circa trent’anni, affermazione che portò all’errore di Dionigi il Piccolo, come s’è sopra spiegato.
In conclusione, dalla disamina dei quattro elementi si può dedurre che Matteo non ha un grande interesse a fornire dati storici, non dà importanza alla cornice quanto alla testimonianza circa la nascita di Gesù e dei suoi significati, e se fornisce qualche riferimento storico lo fa con molta sobrietà, al pari delle notizie sulla stella e sui Magi; Luca, al contrario, tende apertamente a inquadrare la nascita, e poi la stessa figura di Gesù, in una cornice che tenga necessariamente conto del tempo, del luogo e degli avvenimenti cui cerca di dare una precisazione quasi pignola: e invece fa confusione e commette più di una svista sotto questo aspetto.
La voglia di far entrare la storia di Gesù Salvatore nella storia del mondo, vivo tra i vivi, uomo tra gli uomini, con un’incarnazione miracolosa ma vera, lo porta a un parallelismo continuo tra la storia terrena e la storia della salvezza celeste. Che poi lasci scoperto il fianco a critiche sulle notizie cronologiche che fornisce non è un gran difetto, anche se rimane un vizio di credibilità su quei singoli fattori, ma essi sono importanti più dal punto di vista formale che sostanziale.
Difatti non è l’imprecisione sulla data di nascita di Gesù che infirma il resto del suo vangelo, dato che le forzature sono frequentissime ( in tutti e quattro i vangeli ), soprattutto perché nascono dall’esigenza di voler corrispondere all’adempimento delle profezie dell’Antico Testamento, e ciò a partire da subito, dalla nascita di Gesù indicata a Betlemme, e che invece, tanto per fare un primo e ultimo esempio, molti biblisti ritengono essere avvenuta a Nazareth o dintorni, e che Betlemme sia stata adottata solo per farla coincidere a quanto contenuto nell’oracolo, tra l’altro straordinario per nitidezza e precisione, del profeta Michea (5,1)
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