Mafalda Soap. Una pulce con la tosse
Sono giorni, mesi, anni, che l’argomento politico d’eccellenza dei partiti e conseguenzialmente dei politici, è la sanità.
Tutti reclamano una sanità migliore, soprattutto in tempo di votazioni, parlano di tagli e non assunzioni, ma loro, sono stati mai in una struttura?
Sono stati mai ricoverati in ospedale? Hanno avuto parenti e affini che necessitavano di prestazioni?
Si sono mai seduti ad aspettare sulle sedie rotte, sporche, oppure in piedi perché le strutture sono prive di sedute? Non credo. I nostri politici hanno vie preferenziali, i nostri politici saltano le liste d’attesa, i nostri politici vengono curati nel rispetto assoluto della loro privacy.
E i nostri politici firmano atti per sostenere la sanità privata che supporta la sanità pubblica. Un do ut des (io do affinché tu dia).
Una sanità pubblica definita al collasso, senza personale, senza risorse strumentali. È proprio così? Ma qualcuno dei nostri politici, ha mai creato una commissione per verificare come il denaro pubblico sia utilizzato dal privato per aiutare il cittadino?
Come una struttura pubblica ha utilizzato quel denaro? Se veramente con il denaro pubblico compra prestazioni per favorire il cittadino e non attendere mesi per una prestazione?
Non lo sappiamo. Ma è certo che se ti rivolgi ad un servizio privato accreditato, non è mai possibile avere nell’immediato o in un tempo ragionevole la prestazione in convenzione, che invece viene immediatamente offerta privatamente, anche il giorno successivo alla chiamata.
Il politico non s’interessa che il cittadino sia favorito, accolto e supportato in un momento delicato della propria vita, il politico non entra nei luoghi di cura per vedere se sono accoglienti, sono puliti, sono idonei al cittadino che per quel servizio paga le tasse.
Loro vanno ad inaugurare reparti vuoti, fanno foto in corridoi sterili, che subito dopo forse non vengono aperti.
Il politico neanche conosce gli orari di erogazione delle prestazioni, e quante ne vengono evase in un determinato tempo, non si chiede se e dove si siede e aspettano, le persone che attendono un familiare che si trova tra la vita e la morte.
Neanche è a conoscenza che in alcune strutture operative h 24 i familiari si siedono per terra perché vengono chiuse le sale d’aspetto, che vengono chiuse le toilette mentre sono ore che attendono, oppure ci sono toilette impraticabili.
I politici rimangono ad un livello meta, la loro conoscenza si limita alla conoscenza dei loro collaboratori, alla informazione data dai direttori generali, che sono politicizzati, che assecondano ciò che già il politico conosce, senza apportare nessun contributo. Mi chiedo sempre, quale sia il loro contributo. Sicuramente presi dai mille incarichi, possono perdere qualche informazione da dare, ma, è anche vero che, avendo tanti incarichi non riescono poi a portare a termine niente.
Il politico non chiede al cittadino “come sei stato trattato, il personale è stato cortese, le informazioni su ciò che accadeva sono state fornite, sono stati professionali”.
La politica dovrebbe utilizzare un insieme di strategie, metodi, decisioni e azioni, attraverso i quali singoli e gruppi di individui, in quanto parte di una comunità, devono decidere un destino comune e lavorare per realizzarlo, ma hanno bisogno della conoscenza.
Permettiamo al cittadino di votare la struttura sanitaria, così che, quella meritevole possa prendere più fondi.
Tutto questo per far emergere che non ci sta un controllo dello stato – regione, un controllo contabile, un controllo delle competenze, un controllo della prestazione. Magari una partoriente la teniamo ricoverata due /tre giorni prima di partorire, come dettato dalle linee guida ma poi viene tenuta 24 o 48 o 72 … ore in travaglio a carico della struttura. È considerato? Senza pensare che il dolore che si prova incide sulla decisione di un prossimo figlio e conseguenzialmente sull’indice demografico che sta a dei livelli molto bassi.
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