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Marco Zacchera

Napolitano, chi lo vuole "santo subito"?


Giorgio Napolitano ed Enrico Berlinguer

Credo che si debba sempre avere rispetto per la memoria di tutti e quindi censuro assolutamente il tono e gli attacchi pesanti alla memoria del Presidente Napolitano apparsi sui social e negli stadi. E’ comprensibile, ad esempio, che il giudice sportivo abbia multato di 5.000 euro i tifosi della Lazio all’ Olimpico ché – con totale mancanza di rispetto - nel minuto di silenzio in Sua memoria le curve hanno intonato la canzone “I ragazzi di Buda” dedicato ai giovani di Budapest uccisi dai sovietici nel 1956.

Il minuto di silenzio è un momento di raccoglimento e non va disturbato ma proprio questo episodio, peraltro, sottolinea come il giudizio storico e politico su Giorgio Napolitano non possa però essere solo magniloquente ed assolutorio e che la sua figura sia stata e sia rimasta fino all’ultimo anche divisiva.

Un personaggio politico ha sempre luci ed ombre, può e a volte deve essere criticato sia in vita che “post mortem” perché di lui resta, appunto, anche una memoria politica che solo nei decenni – e non sempre - assume un carattere storico o a volte viene rivalutata.

Per esempio la cruenta invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 Giorgio Napolitano - da buon comunista osservante - l’aveva infatti allora pienamente approvata e condivisa e non mi risulta si sia mai pentito per questo. Napolitano era stato infatti un comunista DOC, almeno dopo il 1944 (quando gli Alleati arrivarono a Napoli) perché prima – anche se questo aspetto è stato poco ricordato nei “coccodrillo” di commemorazione – era stato invece giovane esponente dei GUF (i Gruppi Universitari fascisti) quando certo quell’adesione non era obbligatoria, così come aveva scritto su riviste fasciste del tempo.

Napolitano passò con molta disinvoltura dal fascismo giovanile al comunismo e a questo proposito ho fisso nella mente un episodio quando – da Presidente della Repubblica – commemorando i paracadutisti della “Folgore” sacrificatisi ad El Alamein, Giorgio Napolitano ne ricordò il valore, ma sottolineando che però con il loro impegno di soldati difendevano di fatto anche una dittatura e che – insomma - erano italiani morti “dalla parte sbagliata”. Eppure quei ragazzi erano morti da eroi nel 1942, guarda caso nello stesso anno in cui proprio Napolitano era un fascista dichiarato nel GUF: quando parlava in quei termini e come Presidente di quei caduti (e me lo ricordo bene perché lo ascoltai di persona) non c’era davvero in lui un po' troppa ipocrisia?

A proposito di Ungheria, invece, per Napolitano fu una scelta di campo senza tentennamenti né riserve e ancora due mesi dopo l’invasione - nonostante i morti per le strade, la durissima repressione e gli arrestati – l’allora leader comunista giustificava l’intervento militare sovietico all’ VIII congresso del Partito Comunista scagliandosi con veemenza inusuale contro chi era uscito per protesta dal PCI (come Giolitti che, con altri dirigenti, era passato sdegnato con i socialisti di Nenni) esprimendosi con frasi molto pesanti che - lette negli anni successivi - andrebbero meditate. Ancora nel febbraio 1974, pochi giorni prima dell'espulsione di Aleksandr Solzenicyn Napolitano era autore di una nota riservata del PCI (poi resa pubblica) che attaccava lo scrittore in quanto avrebbe danneggiato lo stato sovietico e la distensione, ma al contempo invitava il PCUS a tollerarlo poiché la repressione sarebbe stata un aiuto ai nemici dello stato sovietico.

Anche su “mani pulite” Napolitano fu feroce contro Craxi eppure “non poteva non sapere” delle tangenti e sovvenzioni pagate per decenni da Mosca ai vertici del PCI proprio nella sua posizione di stretto collegamento tra Mosca e le Botteghe Oscure e responsabile per anni dell’ufficio economico del PCI.

Mutati i tempi (e la convenienza) certamente negli anni successivi assunse poi atteggiamenti più “morbidi”, ma non mi risulta che Napolitano abbia mai rinnegato le sue scelte passate nonostante avesse poi avuto un “cursus honorum” istituzionale di grande livello e assoluto rispetto fino ad essere eletto al Quirinale.

Nessuno, ed è un aspetto finale che ancora va ricordato e che andrebbe ben meglio chiarito, ha poi capito fino in fondo il ruolo del Presidente nella complessa questione dei rapporti “stato-mafia” di cui nel lungo processo di Palermo gli italiani hanno potuto solo avere versioni confuse e sfuocate, mai forse mai la verità.

Sono state le contraddizioni di un Presidente che poi, da eletto alla prima carica della Repubblica, non ha comunque mai mancato di far pesare il suo ruolo (si ricordi le pressioni per allontanare Berlusconi da Palazzo Chigi nel 2011).

Tutti aspetti che hanno fatto parte del personaggio e sono state sue legittime scelte ma proprio per quelle posizioni di comunista antistorico e mai pentito che Napolitano aveva rappresentato prima della sua elezione al Quirinale, da deputato NON lo votai come Presidente della Repubblica.

Oggi come allora lo ritenevo infatti eccessivamente di parte e - se rispetto doverosamente ora la Sua memoria - non posso però dimenticare anche questi aspetti forse poco conosciuti della sua vita.



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