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Immagine del redattoreCarlo Tiberi

La sindrome del leader bravo


Il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni

Se F.d.I  è passata dalle percentuali ad una mano di qualche tempo fa a quelle a sei di oggi un motivo ci sarà. E credo che si possa affermare con assoluta certezza che il merito in gran parte sia suo, si di Giorgia Meloni.

Ho conosciuto la Premier quando era presidente di Azione Giovani, l’organizzazione politica universitaria di destra che faceva capo ad Alleanza Nazionale. Venne a Colleferro in occasione della presentazione di un libro.

Fece il suo intervento, non particolarmente entusiastico per la verità e colsi questo aspetto anche perché condividevo a pieno le sue perplessità.

Il libro era “Cuori Neri” di Luca Telese, un libro che non ho mai letto.

Non mi sembrava giusto che per parlare dei morti della destra si dovesse scomodare addirittura uno che non faceva mistero della sua collocazione politica a sinistra. E infatti nella sua presentazione emerse chiaramente come l’opera fosse una fredda elencazione di date e purtroppo di morti e non quello che mi sarei aspettato.

Scusate la digressione, torniamo a noi.

Molti oggi si dichiarano stupiti dalle performance della Premier, che a dispetto dei tanti detrattori, procede fieramente raccogliendo un successo dietro l’altro. Ha regolato i leader mondiali in un G7 che passerà alla storia. Mezza stampa del pianeta parla di lei come di una protagonista assoluta dell’attuale scenario geopolitico.

Non voglio addentrarmi in considerazioni politiche di alto profilo, ma consentitemi almeno di plaudire ai tentativi, meritori, di cambiare passo in settori strategici della vita pubblica, in primis la giustizia.

Sul premierato aspetto di capire meglio, di sicuro non sto dalla parte di quelli che gridano al golpe e le ragioni mi sembrano più che evidenti.

Altra storia è quella della autonomia differenziata, brutta denominazione, alla quale spero non segua una ancor più brutta applicazione anche se i prodromi sono abbastanza evidenti e non lasciano presagire nulla di buono. Staremo a vedere.

Fatte queste necessarie premesse mi addentro nel terreno scivoloso delle considerazioni per le quali ho ritenuto di fare questo intervento.

Non me ne vogliano i tantissimi amici che militano attivamente in F.d.I. ma credo di poter affermare che la distanza tra la leader e tanti autorevoli esponenti del partito sia veramente grossa.

E di fatto, la sindrome a cui faccio riferimento, credo abbia colpito tanti, perfettamente consapevoli della realtà.

Si avverte nitidamente la paura di sbagliare, col risultato dell’afasia e dell’immobilismo di molti o dell’eccessiva e fallace intraprendenza di altri.

E’ evidente a tutti che nonostante i molteplici impegni governativi Giorgia ha trovato tempi e modi per portare avanti una campagna elettorale complessa praticamente da sola. E i risultati, anche se non marcati e rivendicati, come sarebbe stato giusto fare, sono sotto gli occhi di tutti.

Nella prima repubblica i partiti tradizionali erano gestiti da figure sicuramente autorevoli, che però trovavano la loro legittimazione in organismi elettivi interni con i quali gioco forza si doveva avere a che fare. Ed i leader spesso cadevano o venivano riconfermati sull’onda emotiva di un esito elettorale negativo o positivo. In un attimo tutto veniva messo in discussione.

Nel nostro caso, aldilà della luna di miele che continua tra gli elettori e la Leader, non riesco ad immaginare una alternativa a lei anche in caso di una sconfitta elettorale.

Siamo in presenza di un vero partito leaderistico che nel bene e nel male è indissolubilmente legato alla sua fondatrice. Nel breve volgere di qualche anno ha stravolto tutti i canoni ai quali eravamo abituati. Intanto non ha il pedigree che fino a ieri era requisito fondamentale per accedere ai piani alti del potere. Destra, centro e sinistra non facevano eccezione a questa regola.

Se andiamo ad analizzare nel dettaglio, scopriamo infatti che tranne qualche raro caso, l’humus che indissolubilmente legava le figure che dal dopo guerra ad oggi si sono avvicendate alla guida del Paese era quello della media e alta borghesia.

Qui siamo in presenza di una figlia del popolo. Con origini simili alle nostre o comunque molto vicine a noi.

E’ una instancabile lavoratrice.

Sfido chiunque a resistere fisicamente prima che psicologicamente alle pressioni alle quali si sta sottoponendo da un anno e mezzo a questa parte.

E non mostra segni di cedimento, anzi. Del resto è consapevole che ad una donna, di destra, con un albo genealogico normale, nessuno sarebbe disposto a fare sconti in caso di errori.

La stozza… deve guadagnarsela quotidianamente, nel solo modo che conosce, col lavoro, H24.

Anche sul fronte interno, quello del partito, la questione non è meno complessa. Gestire una formazione politica ( con qualche esagitato di troppo ) che in così poco tempo è passata alle attuali percentuali è una vera impresa.

Ma anche qui si sta difendendo benissimo, superando brillantemente sgambetti e figuracce che puntualmente sono arrivate. Per una come lei combattere l’avversario è pane quotidiano al quale è sufficientemente allenata, più difficile è avere a che fare col “fuoco amico”. Potremmo continuare a lungo, non è difficile tessere le lodi di una Presidente brava, anche per un cronista di provincia, altra cosa sarà, speriamo più in là possibile, raccontare quello che succederà dopo di lei.

Lunga vita Presidente!



 

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