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Immagine del redattoreEnea Franza

La politica economica di Donald Trump

Aggiornamento: 7 nov


Le elezioni americane si avvicinano e le cancellerie di tutto il mondo stanno esaminando le possibili modifiche che una vittoria di Trump potrebbe comportare per le loro politiche. In particolare, preoccupano le ricette economiche che potrebbero riportare in auge l’approccio "America First" già visto durante il primo mandato del tycoon.

Se Donald Trump vincesse le elezioni del 2024, è probabile che la sua politica economica segua le linee guida della sua precedente amministrazione, caratterizzata da misure audaci e talvolta controverse, basate su un mix di conservatorismo fiscale, nazionalismo economico e deregolamentazione.

Questi elementi riflettono diverse aree chiave della sua agenda economica.

Durante il suo primo mandato, Trump ha messo i tagli fiscali al centro della sua strategia economica con il Tax Cuts and Jobs Act del 2017.

Questo provvedimento ha ridotto l’imposta sulle imprese dal 35% al 21% e ha previsto alleggerimenti fiscali anche per i cittadini, con l’intento di stimolare investimenti e consumi, seguendo la teoria dell’offerta.

Trump ha ribadito, come nel suo discorso alla Conservative Political Action Conference (CPAC) del 2023, la sua intenzione di proseguire su questa strada, sottolineando l’importanza dei tagli fiscali per la crescita economica.

Inoltre, la politica commerciale di Trump si è distinta per un approccio aggressivo, con l’imposizione di dazi e tariffe sui beni importati, in particolare dalla Cina.

Questo orientamento protezionistico mirava a ridurre la dipendenza economica dagli altri paesi e a riportare la produzione manifatturiera negli Stati Uniti. Nelle sue dichiarazioni, come nell’intervista con Fox News del 2023, Trump ha confermato il suo impegno a rinegoziare accordi commerciali e a limitare le importazioni cinesi, seguendo il principio mercantilista che promuove il protezionismo per migliorare il bilancio commerciale e incentivare l’industria domestica.

Un altro pilastro della sua amministrazione è stata la deregolamentazione, ovvero la riduzione delle regolamentazioni in settori chiave come energia, finanza e ambiente. Trump ha sostenuto che le regolamentazioni eccessive ostacolano l’innovazione e gli investimenti, riflettendo le idee della scuola austriaca di economia, che enfatizza la riduzione dell’intervento statale per favorire l’efficienza economica.

Le sue dichiarazioni durante i comizi elettorali del 2023 e 2024 mostrano chiaramente questa priorità, mirata a creare un ambiente più favorevole per le imprese.

Trump ha anche promosso l’espansione delle energie fossili, come petrolio e gas naturale, con l’obiettivo di garantire l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. La sua visione era quella di aumentare la produzione interna di energia e ridurre le restrizioni ambientali che potessero ostacolare l’industria energetica. Questo approccio è in linea con la scuola economica classica, che considera le risorse naturali essenziali per la crescita economica e la sicurezza nazionale.

Sebbene i piani per investimenti significativi nelle infrastrutture non siano stati completamente attuati durante il suo primo mandato, Trump ha frequentemente sottolineato l’importanza di modernizzare le infrastrutture nazionali. Se rieletto, potrebbe affrontare questo tema in modo più incisivo, collegando tali investimenti a un piano di rilancio economico più ampio.

La politica economica di Donald Trump può essere compresa attraverso due principali dottrine economiche: il conservatorismo fiscale e il nazionalismo economico.

Il conservatorismo fiscale si basa sull’idea che i tagli alle tasse possano stimolare l’economia aumentando gli investimenti e il consumo.

Questa dottrina è radicata nella teoria dell’offerta, che sostiene che ridurre le imposte stimoli l’attività economica e promuova la crescita.

Il Tax Cuts and Jobs Act ha ridotto le imposte con l’intento di aumentare il reddito disponibile e stimolare la crescita economica.

Questo approccio è influenzato dalla scuola di Chicago, che, con economisti come Milton Friedman, enfatizza il ruolo dei tagli fiscali nella promozione della crescita economica. Tuttavia, questa visione è oggetto di critiche, in particolare riguardo all’aumento del deficit e del debito pubblico.

Il nazionalismo economico si riflette nelle politiche protezionistiche di Trump, come l’imposizione di dazi e tariffe, con l’obiettivo di proteggere le industrie nazionali e ridurre la dipendenza economica dall’estero.

Questo orientamento è in linea con il mercantilismo, una dottrina economica storica che sostiene l’uso di misure protezionistiche per migliorare il bilancio commerciale e stimolare la produzione domestica. Le politiche commerciali di Trump mirano a riportare la produzione manifatturiera negli Stati Uniti e a ridurre il deficit commerciale, seguendo l’idea che la protezione delle industrie nazionali possa favorire la crescita economica interna.

La deregolamentazione è stata un altro pilastro della politica economica di Trump.

L’amministrazione ha ridotto le regolamentazioni in settori come energia, finanza e ambiente, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica e l’innovazione.

Questo approccio è influenzato dalla scuola austriaca di economia, che promuove il libero mercato e la minimizzazione dell’intervento statale. La deregolamentazione, secondo questa scuola, riduce le distorsioni del mercato e aumenta l’efficienza economica.

Il sostegno di Trump per le energie fossili, come petrolio e gas naturale, riflette una preferenza per politiche che favoriscano la produzione interna e riducano le restrizioni ambientali. Questa linea di pensiero è collegata alla scuola economica classica, che considera le risorse naturali come essenziali per la crescita economica e la sicurezza nazionale. Trump ha cercato di garantire l’indipendenza energetica degli Stati Uniti, mirando a ridurre la dipendenza dalle importazioni e a sostenere l’industria energetica domestica.

Nonostante le promesse di investimenti infrastrutturali significativi durante la campagna elettorale del 2016, i piani di Trump per modernizzare le infrastrutture nazionali sono stati limitati.



Tuttavia, se rieletto, potrebbe cercare di affrontare questo tema in modo più incisivo. Questo approccio si ricollega alla scuola keynesiana, che sostiene che gli investimenti pubblici in infrastrutture possono stimolare la domanda aggregata e migliorare la competitività economica.

Durante il primo mandato di Trump, la crescita del PIL è stata simile a quella dell’ultimo triennio dell’amministrazione Obama, con un tasso medio del 2,5% annuo.

I tagli fiscali, la deregolamentazione e i bassi tassi d’interesse hanno avuto un impatto positivo sull’occupazione e sui redditi. La disoccupazione è scesa al 3,5% nel dicembre 2019, e il reddito medio familiare è aumentato da 63.761 a 68.703 dollari tra il 2017 e il 2019.

Tuttavia, questi risultati sono stati accompagnati da un incremento del deficit di bilancio, che è passato dal 3,4% del PIL nel 2017 al 4,6% nel 2019.

Il deficit commerciale ha raggiunto livelli record, con passivi di 872 miliardi di dollari nel 2018, e il debito pubblico è rimasto elevato, con una significativa quota in mani straniere. Inoltre, la promessa di reindustrializzazione non ha portato a cambiamenti significativi nel settore manifatturiero, dominato dai servizi.

In termini di distribuzione dei benefici della crescita economica, l’amministrazione Trump ha fatto poco per affrontare le disuguaglianze. Non c’è stato un aumento significativo del salario minimo federale, e le politiche sanitarie sono state orientate a ridurre l’espansione della copertura sanitaria pubblica, portando a un incremento del numero di americani privi di tutela sanitaria e a una mancanza di interventi nel debito studentesco.

In sintesi, se Donald Trump dovesse essere rieletto nel 2024, è certo che la sua politica economica continuerà a riflettere una combinazione di conservatorismo fiscale, nazionalismo economico e deregolamentazione. Sebbene queste politiche abbiano avuto effetti positivi su alcuni indicatori economici, come la crescita del PIL e l’occupazione, hanno anche contribuito all’aumento del deficit e del debito pubblico e a una mancanza di progresso nelle questioni di disuguaglianza economica.

La direzione futura della sua politica economica potrebbe ampliare o modificare questi approcci per affrontare sfide emergenti, ma è probabile che Trump riproponga le ricette già sperimentate, forse con una maggiore attenzione a un programma di investimenti pubblici capace di stimolare la produttività.



 

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