La Regola di San Benedetto è uno dei libri più “attuali” che si possano leggere in questi nostri tempi “bui”.
Da esso viene fuori il disegno di una civiltà individuale e comunitaria che può fronteggiare l’Armageddon spirituale e culturale su cui si fondano le fragili istituzioni contemporanee. Non è un testo di catechesi destinato a pochi fuggiaschi dalle insidie della modernità, ma una vero e proprio manuale civile e religioso, ad un tempo, che contiene una prospettiva rivoluzionaria nella rivendicazione del riconoscimento del “sale della terra” nel cristianesimo vissuto secondo lo spirito dell’adesione ai suoi precetti dopo la distruzione degli idoli della secolarizzazione.
Quando apparve negli Stati Uniti il volume di Rod Dreher, Opzione Benedetto (uscito nel 2018 in Italia per i tipi della San Paolo edizioni) grande fu il dibattito che suscitò per la prospettiva che indicava contro l’orientamento laicista e liberal dominante. Da noi fu poco commentato, nonostante l’impegno di alcuni cattolici, perfino di orientamento progressista e di intellettuali conservatori nel sottolinearne la straordinaria ed innovativa interpretazione della prassi benedettina per contrastare il degrado morale nel quale soprattutto l’opulento Occidente è immerso.
La tesi di fondo di Dreher non è una sorta “provocazione”, ma una tesi affascinante ed allo stesso tempo semplice. In un mondo come questo in cui viviamo, sostiene l’intellettuale statunitense, simile per tanti versi a quello che vide la fine dell’Impero Romano soggiogato dai barbari, buona parte dei quali si convertì in seguito al cristianesimo fino a rivitalizzarlo grazie soprattutto alla evangelizzazione benedettina, l’ispirazione non può che essere quella dell’esempio e del proselitismo di Benedetto da Norcia che squarciò il vecchio mondo per preparare il nuovo secondo i dettami della tradizione.
In altre parole, Benedetto indicò la strada della separazione dall’Impero per poter ritrovare origini, radici e identità di una civiltà sommersa dal culto del benessere, dell’opulenza, del ripudio dei valori morali, e restaurare un ordine civile impregnato dal principio della verità e non insipido come i costumi della decadente Roma imperiale, di lì a poco sarebbe stata facile preda di popoli giovani ed agguerriti, credenti in una confusa religiosità, ma pur sempre riconoscenti il divino tramandato dai padri.
Accusato di aver scritto un libro che ghettizzava i cristiani, Dreher rispose: “Leggete questo libro e imparate dalle persone che vi incontrerete, e lasciatevi ispirare dalla testimonianza delle vite dei monaci. Lasciate che vi parlino tutti al cuore e alla mente, poi attivatevi localmente per rafforzare voi stessi, la vostra famiglia, la vostra Chiesa, la vostra scuola e la vostra comunità”. Una prospettiva che nel lessico culturale contemporaneo non potremmo che definire diversamente da “conservatrice” che del resto è la matrice intellettuale del politologo americano.
Rod Dreher, nato nel 1967, è infatti scrittore oltre che editorialista e blogger di “The American Conservative”, autore di numerosi libri, tra cui How Dante Can Save Your Life (Come Dante può salvarti la vita). Ha scritto di religione, politica, cinema e cultura per la “National Review” e la “National Review Online”, “The Weekly Standard”, “The Wall Street Journal” e altre testate. È stato anche critico cinematografico per il “South Florida Sun-Sentinel” e critico cinematografico principale del “New York Post”. I suoi commenti sono stati trasmessi su “All Things Considered della National Public Radio”, ed è apparso spesso su CNN, Fox News, MSNBC, Court TV e altre reti televisive.
La sua tesi suggestiva e semplice è la seguente: è indispensabile un nuovo protagonismo dei laici.
Come? L’opzione benedettina è la chiave. Infatti il Santo Patriarca nella sua Regola introduce un principio che abbiamo definito “rivoluzionario” e non solo per i suoi tempi.
Sostiene che al vagabondare e al disorientamento dei chierici del VI secolo, la dimensione della vita comune (communio), necessaria per l’insediamento di una comunità (communitas), richieda l’istituzione di un luogo e il radicamento, spirituale oltre che materiale, in esso. Questo radicamento è ciò che ne definisce lo spirito (genius). Ieri come oggi.
Benedetto circoscriverà questa istituzione attorno al principio della stabilitas loci: radicarsi in un luogo, mettervi radici, vivere in simbiosi con il circondario, farsi parte della natura, essere al centro del Creato. In sostanza, prepararsi a vivere secondo il diritto naturale. L’idea che ai cristiani non rimanga altra scelta che costituire una polis parallela, articolata in piccole comunità, è insomma il fondamento del lavoro di Dreher.
La cui ispirazione complessiva deriva, come è stato osservato, dalle ultime righe del saggio del filosofo scozzese Alasdaire MacIntyre Dopo la virtù (1981), un testo cruciale del pensiero contemporaneo.
Il questo libro l’autore sostiene che la grandezza di San Benedetto sta nell‘aver reso possibile l’istituzione del monastero centrato sulla preghiera, sullo studio e sul lavoro, nel quale e intorno al quale le comunità potevano non solo sopravvivere, ma svilupparsi in un periodo di appannamento sociale e culturale, oltre che di perdurante crisi economica.
Il filosofo si augurava fosse possibile, ispirandosi proprio all’idea di Benedetto, andare verso “la costruzione di nuove forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi”. Dreher è ancora più esplicito: “Piuttosto che perdere tempo in battaglie politiche impossibili da vincere (il riferimento è principalmente alle battaglie sul matrimonio fra coppie omosessuali), dovremmo invece lavorare alla costruzione di comunità, istituzioni e reti di resistenza che possano essere più intelligenti e durature” e, alla lunga, vincere la guerra.
Ricorre ancora una volta l’analisi di MacIntyre: “Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium.
Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e oscurità. Se la mia interpretazione della nostra situazione morale è esatta, dovremmo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta.
Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita intellettuale e morale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. (…) Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costruire parte della nostra difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro san Benedetto, senza dubbio molto diverso”.
Ma Dreher, scrivendo per gli americani, non può lasciare inevasa una domanda che gli è stata fatta più volte: cosa significa nel contesto attuale essere americani? La risposta è semplice e pure articolata. Dopo aver letto Opzione Benedetto, scrive Dreher, ci si convince che “ Non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma il paese si sta disgregando. I cosiddetti liberal tolleranti hanno preso il potere nelle istituzioni culturali, ed esercitano un’egemonia senza misericordia: non sono né liberali né tolleranti.
MacIntyre aveva capito cosa sarebbe successo negli Stati Uniti già trent’anni fa: quando la gente perde la base dei suoi valori culturali, questi declineranno sia a livello politico che a tutti gli altri livelli. Quello americano è stato un cristianesimo di facciata per molto tempo, e adesso ne vediamo i risultati.
Il movimento per i diritti civili degli afro-americani è stato l’ultimo movimento popolare cristiano della storia degli Stati Uniti: aveva idee cristiane espresse in un linguaggio cristiano.
Oggi il movimento Lgbt si presenta come la versione aggiornata del movimento per i diritti civili dei neri: è una falsità, ma a livello di cultura popolare l’idea ha fatto breccia. Oggi dei cristiani che si oppongono al matrimonio fra persone dello stesso sesso sono visti come gli eredi del Ku Klux Klan. Le cose si metteranno molto male per noi.
Ma ci sono altre cose preoccupanti (…) Gli americani oggi sono incoraggiati dalla cultura popolare a pensare a se stessi sulla base della propria identità individuale e non delle cose più grandi che ci uniscono.
Ma senza una religione comune non vedo come possiamo restare insieme. John Adams, uno dei padri fondatori, diceva che la Costituzione americana avrebbe funzionato solo con un popolo religioso e dotato di alti standard morali. Se è vero quanto lui diceva, si capisce perché io tema che siamo all’inizio di una Dark Age”.
Il tempo del buio, la crisi di tutti i valori, la trasmutazione del reale in fantasie oscene e selvagge, la distruzione della società civile fondata sulla centralità della persona, sulla famiglia naturale sancita dal matrimonio tra un uomo e una donna, dalla comunità e dalla politica di prossimità, dal riconoscimento delle nazioni come vitali aggregazioni di esseri accumunati da una stessa cultura, da una religione che miri a difendere le aspirazioni anagogiche insite nelle fibre umane.
Risuonano in questo contesto nel quale fatichiamo a riconoscerci, le parole profetiche di Joseph Ratzinger pronunciate all’università di Ratisbona nel 1969: “Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto.
Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.
A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, ma la Chiesa della fede”.
La strada che Opzione Benedetto indica, in fondo è proprio questa. Potrà sembrare eccessivamente ottimistico, ma il movimento benedettino, incarnato nella quotidianità politica, intellettuale, culturale potrà essere il grimaldello che apre le porte serrate della modernità all’ingresso della tradizione e di un cristianesimo vigorosamente vissuto, nelle nostre anime e nelle nostre esistenze.
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