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Immagine del redattoreValeria Bomberini

Europa tra autonomia e fedeltà Atlantica


In un momento in cui anche Finlandia e Svezia si avvicinano alla Nato (ricordiamo che a partire dal 4 aprile la Finlandia è diventata a tutti gli effetti un membro dell’Alleanza) e viene percepita globalmente una ritrovata indispensabilità dell’ombrello atlantico e statunitense, l’Europa si ritrova al centro di alcune polemiche scatenate da un’intervista rilasciata dal Presidente francese Macron circa la posizione che il vecchio continente dovrebbe assumere, anche in relazione ad un confronto con la Cina.

I rapporti diplomatici tra la potenza orientale e gli Stati Uniti, infatti, non toccavano un punto così basso da decenni, complici anche l’ultimo attrito diplomatico circa la questione dello spy balloon dello scorso febbraio e l’ultima visita della Presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Usa, in cui Pechino ha visto molto più che una semplice tappa di passaggio nel contesto del tour in America centrale.

La questione Taiwan continua infatti a scottare tra le due superpotenze e questa volta potrebbe coinvolgere indirettamente anche il nostro continente, costringendo i Paesi membri a valutare e ridefinire la loro posizione al riguardo. Ma cosa è successo nello specifico? Lo scorso 5 aprile il presidente francese Emmanuel Macron si è recato a Pechino accompagnato dalla Presidente della Commissione Europea Von Der Leyen per una visita di tre giorni, con l’intento di avere un confronto trilaterale su questioni economiche e commerciali e discutere anche della pace in Ucraina. La visita a Pechino è la prima dopo quella del cancelliere tedesco Scholz e del primo ministro spagnolo Sànchez dei mesi scorsi ed il fatto che fosse una visita “in coppia” ha lasciato molti intendere che ci fosse una linea ben precisa e comune riguardo l’approccio da adottare nei confronti del leader cinese affinché si muova in prospettiva di una pace duratura in Ucraina.

Oltretutto, è innegabile anche il fatto che la Cina rappresenti ancora un partner commerciale non irrilevante in Europa. Tutto bene, fino alla contestata intervista rilasciata dal presidente francese ai giornalisti di Politico, Les Echos e France Inter, al suo seguito nell’aereo di ritorno a Parigi.

Nello specifico, dopo aver adottato dei toni più mansueti e conciliatori rispetto alla Von Der Leyen, nel colloquio privato di quattro ore che ha avuto con Xi seguito al vertice trilaterale, Macron ha rilasciato una sua visione ben definita sul ruolo europeo del futuro prossimo. Ha parlato infatti di un “ri-orientamento strategico” che l’Unione Europea dovrà mettere a segno, soprattutto in materia di politica estera, energetica ed economica, per far sì che guadagni una sua identità specifica e non sia vincolata aprioristicamente alle scelte del suo alleato atlantico.

Per troppo tempo l’Europa non ha costruito l’autonomia strategica ed è questa la battaglia del nostro tempo”, dice il presidente a Les Echos, lamentando la necessità impellente per l’Ue di accelerare la definizione di una sua “autonomia strategica”, intendendo l’avere dei “punti di vista convergenti con gli Stati Uniti ma, che si tratti dell’Ucraina, del rapporto con la Cina o delle sanzioni, avere una strategia europea”. Il rischio secondo Macron è quello di ritrovarsi invischiati in una “logica blocco contro blocco” tra le due superpotenze e ritrovarci coinvolti in crisi che non ci riguardano da vicino, proprio nel momento in cui dopo decenni stiamo definendo una nostra identità in tal senso.

E il rischio maggiore, afferma il presidente, sarebbe quello di non avere “né il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e finiremmo per diventare vassalli laddove invece, se solo avessimo avuto qualche anno di tempo, avremmo potuto costruire un terzo polo”. Una visione chiara e determinata, che include di conseguenza anche la necessità per l’Ue di concentrarsi sul rafforzamento della sua difesa e di ridurre la sua dipendenza dall’”extraterritorialità del dollaro”.

L’importanza di queste affermazioni arriva ben chiara ovviamente e soprattutto dal momento e l’occasione in cui queste sono state esplicitate, ossia dopo un viaggio di Stato in cui già si percepiva da parte di Macron una disponibilità al dialogo con Pechino più spiccata, rispetto a quella dimostrata dalla Presidente della Commissione Europea. In Europa non sono mancati i commenti a quanto accaduto, in particolare da parte da parte del referente per la politica estera tedesco Metin Hakverdi, che ha sottolineato quanto potrebbe essere un errore in questo momento mettere in moto e far giungere agli occhi di Pechino una divisione in occidente.

D’accordo anche il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, che suggerisce l’idea di un partenariato strategico con gli Usa, piuttosto che un’autonomia europea. Si distacca invece l’opinione ungherese, che rivendica una linea europea più critica nei confronti delle decisioni americane.

Lo stesso presidente del Consiglio Europeo Charles Michel afferma che la posizione di Macron non rappresenterebbe proprio una voce fuori dal coro tra gli Stati membri, ma che, afferma “al tavolo del Consiglio possono esserci sfumature e sensibilità”, come a lasciare intendere che ci sono modi e luoghi per poter affermare certe posizioni.

Qual è infatti il problema che emerge? Intanto il messaggio sottinteso (seppur non voluto) inviato alla Cina. Non è forse un caso che non appena l’airbus presidenziale francese ha lasciato lo spazio aereo cinese, Xi abbia avviato un’altra esercitazione militare simulando il blocco di Taiwan. Come se in un certo senso le parole e i toni usati da Macron abbiano in qualche modo dato il “via libera” a Pechino che si è sentita rassicurata e può sperare in una crescente equidistanza tra Stati Uniti ed Unione Europea, soprattutto se gli altri Stati Membri si muoveranno nella stessa ottica francese.

Per quanto genuine e veritiere nell’intenzione – è oramai da decenni che l’Ue cerca disperatamente una sua via di identità comunitaria – le parole di Macron arrivano in un momento in cui, causa invasione dell’Ucraina, tutto l’occidente ha riscoperto l’importanza e la necessità imprescindibile dell’alleanza militare della Nato e di conseguenza della guida statunitense.

Questo atteggiamento potrebbe portare Xi a presupporre una probabile neutralità francese e verosimilmente europea nel caso in cui si verificasse effettivamente una crisi nello stretto di Taiwan.

E cosa non meno importante, questo manifesterebbe una crisi nell’alleanza occidentale e andrebbe a ridefinire necessariamente anche i rapporti con i cugini oltreoceano.

Non è mancata infatti la reazione americana a quanto affermato dal presidente francese. Particolarmente rilevante è stata la dichiarazione del repubblicano Marc Rubio, che ha affermato che “l’Europa […] quanto alla propria difesa è stata fortemente dipendente dagli Stati Uniti per 70 anni. […] se di fatto Macron parla a nome di tutta l’Europa, e la loro posizione è che ora non hanno intenzione di scegliere da che parte stare tra Stati Uniti e Cina rispetto a Taiwan, forse anche noi dovremmo scegliere da che parte stare…Forse dovremmo dire che ci concentreremo su Taiwan e sulle minacce che arrivano dalla Cina, mentre voi, signori, occupatevi dell’Ucraina e dell’Europa”.

Macron nel frattempo corregge il tiro e pubblica una lunga nota ufficiale in cui sottolinea la sua volontà di non porsi come Paese membro Ue in una posizione di equidistanza rispetto all’alleato americano, con cui l’Europa condivide valori e visione comune, e lo stesso vale per la questione Taiwan, per cui la volontà francese ed europea è quella di mantenere lo status quo. Tuttavia, ribadisce l’importanza di far emergere gli interessi europei, la cui rilevanza deve essere quella di un attore internazionale a tutti gli effetti.

Chiaro perciò che se il suo intento era quello di imbonire il presidente cinese, oltre che portare a galla delle necessità oggettive per l’Europa, viene da chiedersi quanto sia stato efficace nei risultati e soprattutto che prezzo hanno portato queste affermazioni.

E oltretutto, posto che un’autonomia europea sia effettivamente necessaria, chi ne stabilirà la guida?



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