Da Nord a Sud, Legambiente ha censito una mappa di edifici fatiscenti: un problema da affrontare in tempi brevi e attraverso progetti di largo respiro per riqualificare gli spazi non più utilizzati per evitare nuovo consumo di suolo.
In Italia, stando ai dati del 2016, sono circa 750 le opere incompiute: dai ponti alle strade, dagli ospedali agli stadi, ma anche strutture del mondo dell'ospitalità. Si scopre così che anche l'hotellerie ha il suo lato oscuro reso evidente da alberghi abbandonati che non hanno un presente e forse non avranno un futuro. A volte si tratta di strutture con una storia di gestione sbagliata o tormentata, ma anche di hotel che per diversi motivi non hanno mai potuto inaugurare le loro sale.
Sono davvero tante queste strutture, più di quanto si possa immaginare, sono edifici di dimensioni medie o grandi, per lo più legati all’industria dello sci anche se non esclusivamente.
Un inedito lavoro che ha censito 66 edifici fatiscenti disseminati lungo tutto l’arco alpino ma che coinvolge anche diverse zone dell’Appennino e persino regioni come la Sicilia, con località come il Comune palermitano di Piano Zucchi, meta di turismo invernale degli anni Ottanta, e la Calabria dove, in provincia di Cosenza si trova il rifugio Monte Curcio che in passato ospitava centinaia di sciatori e turisti che amavano salire in vetta anche per gustare una cioccolata calda ammirando l’altopiano innevato.
Buona parte delle strutture censite sono ex alberghi, complessi residenziali o strutture ricettive costruite tra gli anni Sessanta e Settanta e dedicate alle “settimane bianche”. Luoghi che per qualche tempo hanno registrato il tutto esaurito e buoni flussi turistici come il comprensorio multifunzionale di Viola St Grée (Cuneo) che occupa una superficie di 30mila metri quadrati, offrendo tutti i servizi per lo sci e il divertimento, e che nel 1981 ha ospitato i mondiali. La struttura è abbandonata dagli anni Novanta e Legambiente calcola che servano 25 milioni di euro per ristrutturarla. Un simile ecomostro sorge in provincia di Torino, all’Alpe Bianca: negli anni Ottanta iniziò la costruzione di un imponente albergo e di appartamenti che rimasero poi invenduti. Si tratta di un fenomeno che non riguarda solo le Alpi: a Campo Nevada (Aq) sorge infatti un complesso di circa 30mila metri quadrati la cui costruzione è stata avviata al termine degli anni Sessanta.
Il progetto, scrive Legambiente, era inserito all’interno di uno più ampio per la fornitura di servizi a due impianti di risalita, dopo cinquant’anni in alcuni punti le fondamenta hanno ceduto e durante la stagione estiva la struttura funge da riparo per gli animali al pascolo.
Hotel Coccinella
Hotel, piscine, ristoranti, discoteche, resort e colonie: sono tanti, in tutto il mondo, i luoghi delle vacanze abbandonati che fino a qualche anno fa ospitavano turisti, personale, animatori, famiglie e bambini, mentre oggi restano deserti, a memoria magari di qualche investimento finito male.
Ma il fenomeno non interessa solo luoghi lontani geograficamente dal nostro territorio: in un parco di 35.000 mq, con un bel laghetto artificiale dove si poteva nuotare ed andare in barca, a ridosso dell'uscita autostradale di Anagni, sorge un hotel, o meglio lo era fino a qualche tempo fa: l'hotel Coccinella.
Una struttura abbastanza grande a due piani, con un bar e una cinquantina di stanze colorate, un campo da tennis, un parco giochi e una piscina.
L'hotel Coccinella è legato alla storia e alla persona della sua proprietaria Anna Vita, diva del dopoguerra ritiratasi presto dalle scene per dedicarsi all'arte e porta la sua innegabile e indelebile impronta. Non è un albergo di lusso, ma non è nemmeno un luogo qualunque, è un posto bizzarro, coloratissimo ed eccentrico. Immerso in un silenzio che mette disagio, il tempo sembra essersi fermato, come tutti i luoghi abbandonati, tutto è fermo come se un'improvvisa catastrofe avesse costretto il personale a scappare all'improvviso.
Al piano terra c'è il ristorante con le cucine, il bar e la sala ritrovo; ai piani superiori le stanze molto colorate, semplici ma con tutti i comfort.
Ha un arredamento piuttosto kitsch e improvvisato e la sua posizione panoramica sull'Autostrada del Sole di certo non aiuta. A vederlo oggi riesce difficile credere che qualcuno sia riuscito a riempire i due piani di questo hotel.
Ma qualcuno ancora alloggia qui, almeno per la notte, qualche senza tetto e qualche persona senza fissa dimora, a giudicare dai mozziconi di sigarette trovati nelle camere e qualche abito negli armadi.
Anna Vita, la diva
L'Hotel Coccinella è indissolubilmente legato alla storia di Anna Vita, tanto che porta la sua indelebile impronta. A fianco alla struttura, seminascosta da cascate di rampicanti in un boschetto, si trova una casa di pietra e legna, molto graziosa. Una dimora che evoca le fiabe dell'infanzia: la casa di Anna Vita.
Nata a Locri il 1 dicembre 1926, figlia di uno scultore, inizia la sua carriera come attrice di fotoromanzi, un genere molto popolare nell'immediato dopoguerra, e che proprio in quel periodo si stava affermando.
Nel 1946, ancora giovanissima, viene notata dal regista Giorgio Simonelli che le propone un piccolo ruolo in “Accidenti alla guerra!...”.
Nello stesso anno, insieme a Sergio Raimondi, suo eterno partner nei fotoromanzi, partecipa al documentario “L'amorosa menzogna”, diretto dal giovanissimo Michelangelo Antonioni, che mirava a fornire un quadro ironico dei divi della carta stampata e che nel 1950 si aggiudica il Nastro d'argento. Nello stesso anno, sulla scia del successo incredibile del fotoromanzo “Vendetta di zingara”, in cui come al solito fa coppia con Raimondi, viene chiamata a interpretare il personaggio dell'acrobata Myrka anche al cinema in “Sangue di nomadi”, diretto da Aldo Molinari.
I due, con le loro avventure, fanno sognare le donne di ogni età e vengono eletti dalle lettrici del settimanale 'Tipo', la coppia più amata, ma Anna innesca una polemica contro il mondo del cinema e le riviste che sembrano prendere di mira il mondo patinato da cui proviene. Poi due film nel 1952: “Solo per te Lucia” di Franco Rossi e “Il peccato di Anna” di Camillo Mastrocinque, il celebre regista di molti dei film di Totò. Infine la grande occasione: la proposta nel ruolo di attrice protagonista de “Lo Sceicco Bianco” di Fellini. A sorpresa, Anna rifiutò la parte, il film infatti prendeva in giro in maniera pungente il mondo del fotoromanzo cui lei era molto legata.
Le polemiche che ne derivarono probabilmente la danneggiarono, perché da allora si allontanò dal mondo del cinema, facendo perdere le sue tracce ed è in questa casa che si ritira, dedicandosi alla sua passione per l'arte.
Anna Vita, una persona tenace ed intelligente con buona propensione per gli affari e l'attività imprenditoriale che ha creato e gestito per molti anni, circa trenta, e con buoni risultati un bell'albergo: l'Hotel Coccinella.
Negli ultimi anni ha provato a darlo in gestione come risulta da alcune carte ritrovate, forse a causa di problemi economici, ma senza successo.
La sua casa-museo è una capsula del tempo e di emozioni, i suoi ricordi, le sue opere, le sue sculture che giacciono lì sotto la polvere, meriterebbero di essere salvate (prima che qualcuno le rubi).
Dal disordine che regna in giro, sembra che sia stata vandalizzata e depredata, ma i ladruncoli hanno risparmiato le opere nel laboratorio che risulta abbastanza intatto.
Nella camera da letto ancora gli effetti personali e i vestiti: in cucina un calendario del 2009, segno probabile che fu l'ultimo anno in cui la casa fu abitata, risulta infatti che si sia spenta nel dicembre dello stesso anno dopo una breve malattia.
Fotografare e visitare questa casa è di forte impatto emotivo, la memoria di una diva del passato è ancora ben “presente” al suo interno ma a breve, purtroppo, il suo ricordo tramonterà come il calare del sole che si osserva dalla piscina, divenuta ormai uno stagno, al suono delle rane che gracidano.
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